venerdì 11 aprile
Perché in autunno lo sappiamo tutti. Il freddo è in agguato.
Si può sperare qualche settimana, confidare nell’estate di san Martino, ma il
destino è chiaro.
Anche nel 2025.
Nel senso che un tempo le scuole iniziavano il 1° ottobre e i
bambini, seppur privi di indumenti tecnici e non accompagnati sul SUV fino alla
soglia, percorrevano da soli strade o sentieri con la brina. Ormai non è più
così. Si contano le mattine in cui bisogna grattare la brina dal vetro. Anche in
pieno inverno.
Ma parliamo
di questa maledetta primavera, che in fondo ci riserva ogni anno lo stesso
regalo.
Anno 2024,
a febbraio faceva già caldo, basta guardare le storie pubblicate sui social.
Rispetto al 2025 tutto era in anticipo di almeno 15-20 giorni. Le fioriture in
particolare.
Ma
torniamo a questa maledetta primavera. Quella che ogni anno ci regala al
mattino il vetro dell’auto ghiacciato o appannato per la condensa creata e
assorbita il giorno prima nell’abitacolo.
Ore 7:00
Temperatura esterna 5°C, parabrezza appannato. Imposti il riscaldamento sui vetri.
Ore 12:00
Temperatura esterna 18°C, automobile magari al sole quindi 25°C, parabrezza asciutto.
Dopo qualche minuto pur con il finestrino abbassato non capisci perché non ti
arrivi aria fresca addosso. Ah già! Aria sui vetri e impostazione “caldo”.
Apri un
finestrino e ti arriva un vortice polare. Forse è troppo presto per girare con
il gomito appoggiato alla guarnizione e il finestrino completamente giù. Ma che
vuol dire “troppo presto”?
Ma non è
finita. Vogliamo valutare quanti indumenti inutili o dannosi si usano nelle
maledette primavere?
C'è il
meteo, quello delle app. Al mattino ti dice “coperto con possibile pioggia”.
Esci bardato come per una spedizione in Lapponia. A mezzogiorno ti ritrovi a
sudare come in una sauna finlandese.
Sempre
Lapponia, ma con il piumino addosso.
Al netto
della percezione di caldo o freddo di ognuno. In assenza di aria fredda o
calda.
Piumino o
giubbotto invernale dalle 5 alle 10.15. Piumino leggero, il cosiddetto “100
grammi” dalle 10.30 alle 17.
Smanicato
dalle 12 alle 15.
Abbigliamento
a strati, tipo t-shirt o polo + felpa in cotone: come lo smanicato.
La
primavera è anche il momento in cui le vetrine cambiano. Fuori 8 gradi, dentro
l’esposizione: sandali, lino e camicette bianche svolazzanti. Ripensi a quando la mattina allo specchio
mentre ti sei inflilata il pile con la zip e ti chiedi: “Sto sbagliando
stagione o solo la mia vita?”
Guanti e
cappellini a seconda delle proprie esigenze, ma direi ormai inutili.
Calzature.
Altro aspetto esilerante. E se poi torna la pioggia? Quindi scarpe alte, stivaletti,
il tutto con suola a carrarmato per affrontare 8 cm di acqua o 2 cm di fango.
Vogliamo
parlare dell’armadio? È il periodo dell’anno in cui tutto è in rotazione. Il
piumino non lo metti ma non lo metti via. I sandali sono pronti ma li guardi
con sospetto. Alla fine ti vesti con quello che è rimasto sulla sedia la sera
prima. Anche se è una felpa natalizia.
Il grande
dilemma: tenere le finestre aperte o chiuse? Apri al mattino e ti ritrovi in
mezzo a un safari di insetti sconosciuti. Le chiudi e l’umidità interna crea la
prima colonia di muffa, lassù, nell’angolo freddo, come ha spiegato l’ingegnere
all’amministratore.
Nel
traffico primaverile c’è di tutto: il ciclista che ha rispolverato la bici dopo
sei mesi di oblio, il runner in pantaloncini anche con 6 gradi, il motociclista
che sfida il meteo col giubbotto estivo in pelle e il pedone con il montone o
il giubbotto invernale nero, anche oggi col sole e 27°C.
Poi tu,
chiuso in auto, con il giubbotto aperto, sudato, ma troppo pigro per toglierlo
al semaforo.
L’illusione.
Quella che ti fa credere che puoi già mangiare fuori, mettere via la trapunta,
camminare senza giacca. Ti frega ogni volta. Come quelle relazioni sbagliate
che inizi “perché sembra diversa dalle altre”. Poi ti ritrovi sotto la pioggia
a metà aprile, a maledire il meteo, la tua ingenuità e la tua lavatrice che non
asciuga più nulla da tre giorni.
Tutto si
risveglia in primavera. La natura, certo. Gli alberi, i fiori. Ma anche i
piccioni sul balcone, le zanzare in casa e i ragni negli angoli del soffitto,
le coccinelle da chissà dove. Il cane perde pelo come se stesse facendo il
cambio stagione anche lui. E il gatto? Dorme al sole, beato, mentre tu ti vesti
e svesti quattro volte al giorno.
La
primavera ti mette strane idee in testa. Tipo: “Facciamo una gita domenica”.
Bello. Naturale. Peccato che poi trovi mezza città in coda sull’autostrada, i
prati fradici e il tuo panino appoggiato su una coperta umida con sotto una
formica gigante che ti guarda malissimo.
Il
cambio dell’ora, l’ultimo sabato di marzo. Per legge. Legalizzata. Quella
mezz’ora che perdi (sì, mezz’ora, perché in realtà ne perdi una ma te ne senti
sparite almeno due) e che ti perseguita per settimane. Ti svegli più stanco,
vai a letto più tardi, ti convinci che è colpa della primavera se sei nervoso.
E magari è anche vero.
E infine
c’è lei, l’influenza di primavera. Quella che non è più né un raffreddore né
un’allergia, ma ti fa tossire fino a luglio. Perché il corpo, poveretto, non sa
più se deve reagire al polline, all’umidità o al climatizzatore acceso a metà
aprile. Quella che ti rovina il pranzo di Pasqua, la merenda di Pasquetta, il
ponte del 25 aprile e Primo Maggio. Speri di uscirne per il 2 giugno.
insomma,
benedetta o maledetta che sia, la primavera resta quella stagione in cui non capisci
più nulla. Non sai se sei stanco per il cambio ora-legale, per l’allergia o
perché hai dormito con il piumone a 24 gradi in casa. Ma tanto si sa: tra poco
è estate. E inizieremo a lamentarci del caldo.
Ogni
anno è la stessa storia. Ogni anno ci stupiamo. Ogni anno ci arrabbiamo. Ma il
tempo cambia, la primavera arriva, ci scombussola, e noi... sempre lì, a
parlare del tempo. Come se fosse lui il problema.