4 maggio 2022
Hanno scritto tanto e in tanti sul Grande Torino, sulla tragedia di Superga, sulla leggenda degli Invincibili. Hanno scritto libri, canzoni, poesie. Parole toccanti, ricordi, omaggi agli Eroi troppo presto strappati dal campo di gioco.
Qui desidero copiare e tener traccia di quanto scritto da Domenico Mungo in Parole a forma di Giglio.
Si tratta di una raccolta lirica sul Calcio Antico (odi, racconti brevi ed altri sonetti) e questo è l'omaggio, il ricordo di quel 4 maggio 1949.
Quel pomeriggio
il cielo su Torino
parve tuonare
come un tonfo di disgrazia.
La città tutta fu destata
alle cinque più o meno del pomeriggio da un oscuro presagio.
Furono chiamati tutti
a rivolgere lo sguardo
verso la collina di Superga.
Anche la pioggia in un istante si trasmutò
in lacrima di cielo che impregnava
il Granata della maglia fort cum el Barbera
inzuppata di russ com el sang incandescente
di rottami
ed eliche
ed ali spezzate e recise.
Era come se tutti avessero compreso
che anche gli Dei potevano precipitare.
Le spose si affacciarono alle finestre appannate
da un principio di maggio
che simulava l’autunno novembrino
e piansero sgomente e presaghe.
I figlioli ignari d’innocenza continuavano a scalciare il pallone di pezza
nel salotto piccolo borghese
con le maniche arrotolate fino a sopra i gomiti
come era solito fare il Babbo
quando il trillare della tromba
imponeva alla Storia del Calcio
quei Quindici minuti di sacro furore Granata.
Il traffico si era bloccato di stonfo
nei corsi ortogonali.
E nel dedalo di Porta Palazzo
i carrettieri tirarono il fiato.
Dalle fabbriche uscirono gli operai
e i travet dagli uffici
guardando col naso all’insù.
Le massaie sgranavano il rosario
con i volti impressi dei Campioni
ormai martiri del Tempo.
Mentre la Collina Sacra era celata
dalla nebbia infame
e dal fumo rappreso ed insolente
salì il Cappellano ed il Brigadiere dei Carabinieri.
Il sussurro in un Amen precipitò giù dalla Cremagliera di Sassi
invadendo Corso Casale fino alla Gran Madre
che sovrasta lo spiazzo che dà su Piazza Vittorio
bussando con foga e tremore alle finestre delle case di ringhiera
di Borgo San Paolo, Lingotto e Vanchiglia la Rossa.
ERA CADUTO IL GRANDE TORINO!
ERANO MORTI TUTTI I FIEUL!
TUTTI!
ANCHE VALENTINO, IL SUO CAPITANO!
Urlò la Voce del Popolo
Torino si inginocchiò.
E quella notte nessuno dormì.
I fari lassù illuminavano sinistri una fusoliera strappata all’azzurro del cielo.
La sagoma della Basilica profanata dal sacrilego schianto.
Il silenzio spezzava il ronzio delle seghe elettriche
ed il singulto sommerso del pianto disperato dei soccorritori.
Quella notte nessuno dormì
e per le notti a venire nemmeno
Arpino cominciò a lacrimare di nero inchiostro
sul foglio bianco come il latte
E scrisse
scrisse
scrisse.
Scrisse le gesta degli Immortali.
Anche Giuanin Brera
come Omero aveva trascritto dei Rapsodi
che gli dettavano della Morte di Ettore
e del pianto del Padre.
L’Italia intera
ancora sfregiata e ferita dai cingoli dei carri armati
appena ripartiti dalla guerra finita
con le città sventrate dalle bombe amiche
e dal sangue fratricida lavate furenti le strade
come la vendetta che non conosce ragione
accorse da mille stazioni.
E tutta Torino sui tramvai
andò verso il centro città.
Tutti volevano sapere, capire, trovare un appiglio su cui piangere e pregare.
La Collina era un sacrario di vite schiantate.
La tessera della Federcalcio A.C. TORINO 1906
abbrustolita nell’elegante portafogli di pelle nera
giaceva inerte sotto la fiancata sberciata del monumento barocco.
La cartolina di Lisbona a colori mai spedita
perché voleva consegnarla a mano nel seno della sposa amata
accartocciata nel fosso di pietra.
I palloni di cuoio sgonfi come arterie svuotate di ossigeno e sangue
riversati nel bosco sventrato.
I bimotori caricati sui camion OM e trascinati
nella Valle di San Martino per essere repertati.
Quel mattino nessuno mancò.
Tutti erano lì.
Piazza Castello era piena
straboccante di groppi in gola
e lacrime di granito granata.
Il sole beffardo aveva diradato l’orrido cielo
che aveva divorato il velivolo lusitano il 4 di Maggio.
Si innalzarono al vento di primavera
listati a lutto
i Gonfaloni Viola di Sorella Firenze,
l’Alabarda Triestina in camporosso,
la Lupa Romana e l’Aquila bianca e celeste
Milano era rossonerazzurra.
e Bologna ridente ora piangeva.
Napoli portò il suo dolore con la dignità degli straccioni di Masaniello
ed i Pompieri di Spezia ammainarono il tricolore dal petto
E in ultimo
i giocatori della Juventus non riuscivano nemmeno a stare ritti in piedi
dal dolore stroncati dal vedere
nelle bare di legno
rinchiusi
i loro nemici amatissimi.
Piazza Castello era piena.
Nemmeno per il Re dei Savoia
vennero tutti.
Nemmeno per quel misero Duce in orbace
vennero tutti.
Forse solo quando erano entrati i Partigiani
quel 25 di aprile
era così piena.
Ma non saprei.
Gli operai con le scarpe grosse e le tute blu unte di grasso
con la coccarda granata suo cuore.
Le maestre con gli alunni per mano
tutti tenevano una rosa stretta nel pugno
piangevano lacrime grigie.
Nelle foto in bianco e nero dall’alto non si distingue la classe sociale:
avvocati, pizzicagnoli, margari, impiegati, operai, insegnanti, studenti ,
orfani e vedove
erano stretti nel pianto senza domani
sapendo che era ormai certo
senza vederli più caricare
con le corna ricurve
come il Toro invincibile.
Non c’era più un domani.
Erano loro
Campioni d’Italia
d’Europa
del Mondo.
col tricolore sorridente e stellato cucito sul cuore e sul petto orgoglioso
Era il pianto dell’Italia
appena risorta
grazie anche al Talento Divino di quegli Invincibili del Calcio padroni.
Nessuno poteva fermarli, nessuno!
Perché erano loro
Aristocrazia di Popolo
figli di contadini ed operai
divenuti
Eroi del Pallone.
Perché erano i più forti di sempre
e Nessuno lo discuterà mai.
Non ci sono i filmati
ma basta sentire i racconti dei vecchi che erano al Filadelfia aggrappati alla
rete e videro questo:
i portieri ricurvi
a raccogliere rassegnati palloni in fondo alla rete,
i terzini e gli stopper con la testa che girava
perché arrivavano da tutte le parti
quelle Furie Granata!
Centrocampisti e attaccanti
disoccupati
Perché quando incontravi IL GRANDE TORINO
non c'era nemmeno il tempo di mettere la palla al centro
ed iniziare a giocarsela!
Nessuno poteva fermarli!
E Niente mai li fermò!
Sono lì
sulla Collina!
Solo il Fato li vinse!
Ingenua e dolce menzogna!
Aveva ragione il cinico Montanelli il Toscano:
Nemmeno il Fato li vinse
GLI IMMORTALI SONO SOLO IN TRASFERTA!
Io non riesco a leggerla tutta d'un fiato.
Anche oggi non
ce l'ho fatta a leggerla in una volta sola. Troppo forte il groppo in
gola...la fatica a trattenere le lacrime e respirare.
In ogni caso, a parte questa pagina, consiglio vivamente di acquistare questo libro. Ne vale la pena, un libro da leggere, rileggere e ancora sfogliare e rileggere.
Bravo Domenico!
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